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Impressioni di impressioni

Bilico [Paola Barbato]

Quando Dioniso volle punire i Tebani per non averlo riconosciuto come Dio, risvegliò nelle donne della città qualcosa che era sepolto dentro di loro: un sentimento di follia e distruzione, una ferocia antica e terribile. Dentro ogni donna, i Greci l'avevano scoperto ed esorcizzato in questa leggenda, c'è nascosto qualcosa di terribile, qualcosa che spesso si cela dietro un'apparenza di assoluta tranquillità e di compostezza.

Giuditta, la protagonista di Bilico, è una donna quadrata, fredda, distaccata. Sembra che il mondo non le appartenga, sembra che il dolore non la riguardi, sembra che i sentimenti umani non le siano propri, sembra che nulla possa turbare la sua placida superficie, sembra... Ma sotto tutte queste apparenze, si agita qualcosa di oscuro, qualcosa che la mette in sintonia con il Male, con l'Assassino che insegue e da cui è inseguita, qualcosa che la rende complice e vittima di una gigantesca figura maschile, sadica, feroce e potente, terribile, eppure anch'essa succube della capacità di Giuditta di dominare le persone, qualcosa che in qualche modo sembra porla al di là del bene e del male.

Un racconto visto da un punto di vista profondamente e intimamente femminile, dove la Donna è il centro di gravitazione dell'universo, e intorno a cui ruotano come pianeti e satelliti figure maschili attratte dalla capacità anomala di sedurre e di manipolare della protagonista. Difficile non vedere una Dea Oscura in questa storia, difficile non cogliere le dinamiche e gli accenni ai rapporti sado-maso-feticistici, difficile non identificarsi con il senso di straniazione della protagonista quando osserva le debolezze umane come attraverso la lente fredda di un microscopio.

Una storia che è anche metafora dei rapporti tra le donne e il potere, e della modalità intimamente e propriamente femminile di gestire - ma anche di subire - i rapporti e le dinamiche del controllo e del dominio. Alla fine si costruisce un curioso equilibrio, tra dominazione e sottomissione, tra bene e male, tra vittime e carnefici, che sembra essere il fulcro stesso dell'opera, e che ben si rispecchia nel suo titolo. Un equilibrio instabile, ma pur sempre un equilibrio, tra i piatti opposti della bilancia che ondeggiano nella mano ferma di una donna.